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Bella, meravigliosa la mia città: stornelli e canti popolari di Siena

È il gruppo La Serpe d’Oro con “Bella, meravigliosa la mia città: stornelli e canti popolari senesi” ad animare il 31 luglio il quarto e ultimo appuntamento di “Destatevi! Serate artistiche attorno al pozzo… di scienza” all’Accademia dei Fisiocritici. Alle 21.00 un FisioDrink e alle 21.30 nella corte a cielo aperto lo spettacolo con biglietto unico a 15 euro. Info e prenotazioni online su eventi.fisiocritici.it fino ad esaurimento dei posti disponibili.

Come già il titolo stesso indica, un repertorio di canti e stornelli senesi vengono riproposti da La Serpe d’Oro con l’intento di regalare a Siena un contributo musicale che manca da molto tempo. Uno spettacolo per tutti, non solo senesi, e per tutte le età: per un tuffo nei canti evocativi del passato o per scoprire le radici di una tradizione popolare sempre viva e attuale in una città unica come Siena.

Dopo essersi specializzato nel repertorio toscano, il gruppo nato a Siena nel 2014, sta ora approfondendo il ricchissimo materiale legato ai canti tipicamente senesi, da Senesina a Se dormi svegliati, da Tirati in là m’arruffi e Giovanottino mi piacete tanto a Sòna sòna campanina, attingendo ai dischi pubblicati nel secondo Novecento e agli stessi incontri effettuati durante le esibizioni.

La Serpe d’Oro prende spunto dal canto di Caterina Bueno e inizia a farsi le ossa nelle trattorie e nelle osterie del centro storico di Siena immergendosi nella sua cultura, al punto che anche i componenti non senesi si sentono visceralmente “senesizzati”. Questi i componenti: Jacopo Crezzini contrabbasso e voce, Igor Vazzaz chitarra e voce, Andrea Del Testa mandolino e prispolo, Flavio Iacopi violino, Fabio Bartolomei fisarmonica, elettronica, voce.

“Utilizzare strumenti acustici insieme a suoni elettrici e arrangiamenti – afferma il fondatore Jacopo Crezzini – è una delle sfide raccolte da La Serpe d’Oro, nella convinzione che la musica popolare non vada conservata in senso museale ma saputa interpretare e, all’occorrenza, saputa “tradire” per cercare una ben più profonda forma di autentica fedeltà”.